Il Presidente Kennedy durante il suo “Moon speech”, alla Rice University di Houston. Crediti: NASA

La missione Apollo 11

Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità

Fu con queste parole, ormai celeberrime, che il 20 luglio 1969 Neil Armstrong toccò la superficie del nostro satellite. Era solo il primo dei 12 astronauti che nel giro di tre anni calpestarono il suolo lunare. Il tutto avvenne all’interno dell’ambizioso programma Apollo, che portò ben 24 esseri umani a orbitare intorno alla Luna.

Il programma fu concepito nel 1960, ma entrò nel pieno dello sviluppo solo l’anno successivo, quando John F. Kennedy divenne Presidente degli Stati Uniti. Durante la sua campagna elettorale Kennedy aveva insistito sull’importanza dell’esplorazione spaziale e delle sue ricadute tecnologiche e economiche. E non solo: si era nel pieno della Guerra Fredda, e l’Unione Sovietica aveva già battuto gli USA lanciando nel 1957 il primo satellite artificiale, lo Sputnik. C’era un clima di sconforto e timore, perché i sovietici apparivano in possesso di tecnologie superiori, un divario che gli USA non sembravano in grado colmare.

Nell’aprile 1961 Jurij Gagarin divenne il primo uomo nello spazio, battendo di un mese Alan Shepard e dando un altro duro colpo all’orgoglio statunitense. Fu in questo momento che Kennedy mandò in overdrive il programma Apollo: durante e dopo la sua presidenza le risorse a disposizione della NASA si moltiplicarono, tanto che al suo picco il programma impiegò 400.000 persone, 20.000 industrie e istituzioni, per un costo totale di 25 miliardi di dollari. Che già così sembrano tanti, ma vanno corretti per l’inflazione: sono 158 miliardi di dollari del 2020. Il più titanico sforzo economico e tecnologico mai compiuto da una nazione in tempo di pace.

I tre astronauti dell’Apollo 1 di fronte al pad di lancio con la loro navicella, dieci giorni prima dell’incidente. Crediti: NASA

Il programma incontrò non poche difficoltà, e la peggiore di tutte accadde appena due anni prima dell’allunaggio: la tragedia dell’Apollo 1, il 27 gennaio 1967. Gus Grissom, Roger Chaffee e Ed White stavano partecipando a una serie di test della capsula Apollo (da cui prendeva il nome il programma) mentre questa era collegata a un razzo Saturn IB. Durante i test un cavo scoperto produsse una scintilla, che nell’atmosfera di ossigeno puro della capsula causò un incendio devastante. Non si riuscì ad aprire in tempo il portellone e i tre astronauti morirono asfissiati dal monossido di carbonio prodotto dalla combustione.

Questo primo incidente portò a rivedere completamente tutti i protocolli di sicurezza dell’agenzia e a riprogettare le tute e gli interni della capsula. Ma ciò non fermò il programma: a novembre dello stesso anno ecco che il Saturn V volava per la prima volta, in un test senza equipaggio. Finalmente nell’ottobre del 1968 i primi astronauti Apollo vennero lanciati in orbita terrestre in cima a un Saturn IB, durante la missione Apollo 7. A dicembre fu la volta di un’altra missione storica, Apollo 8, il primo volo con equipaggio del Saturno V. E non solo: Frank Borman, James Lovell e William Anders furono i primi a volare intorno alla Luna e a vedere con i loro occhi il lato nascosto del nostro satellite.

Venne quindi Apollo 9, una missione limitata all’orbita terrestre per testare le procedure di attracco tra modulo di comando e modulo lunare. Infine Apollo 10, nel maggio del 1969, fece le prove generali: Thomas Stafford, John Young e Eugene Cernan entrarono in orbita attorno alla Luna ed eseguirono tutte le procedure necessarie all’allunaggio, tranne l’allunaggio stesso. Il modulo lunare si fermò ad appena 15 km dalla superficie della Luna! Tutto era pronto.

Il 16 luglio 1969 partì da Cape Canaveral il Saturn V con il modulo di comando Columbia, verso la Luna. A bordo Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins. Alle 22:17 ora italiana del 20 luglio 1969 il modulo lunare Eagle toccava la superficie della Luna, e qualche ora dopo Armstrong e Aldrin divennero i primi esseri umani a camminarci sopra.

Buzz Aldrin sulla Luna, foto di Neil Armstrong. Credits: NASA

Il tutto fu trasmesso in diretta televisiva, che fu guardata da oltre 660 milioni di persone. Un quinto della popolazione globale dell’epoca. Collins rimase in orbita, in quanto comandante del Columbia e incaricato di fornire il supporto necessario. Il 24 luglio i tre astronauti rientrarono sani e salvi a Terra.

La sfida era vinta: nonostante l’Unione Sovietica avesse ottenuto molti dei primati iniziali, gli USA avevano ottenuto il risultato più importante. Il programma lunare sovietico si arenò, di fronte ai costi esorbitanti e al fallimento del suo razzo lunare, lo N1. Il programma Apollo continuò per qualche tempo, e infatti vennero eseguite altre sei missioni lunari (Apollo 12, 13, 14, 15, 16 e 17). Solo Apollo 13 non allunò, per un famoso incidente avvenuto due giorni dopo la partenza, che mise a rischio la vita degli astronauti e obbligò ad abortire la missione. Curiosamente, tra i membri del suo equipaggio c’era James Lovell, che aveva già volato su Apollo 8. Ad oggi delle tre persone che sono andate sulla Luna due volte (Lovell, Young, Cernan), Lovell resta l’unico a non averla mai toccata.

Nel frattempo il supporto politico cominciò a vacillare. Una volta dimostrata la superiorità spaziale statunitense, alle missioni Apollo rimaneva solamente la valenza scientifica. I costi insostenibili e l’escalation della guerra in Vietnam portarono il presidente Richard Nixon a cancellare il programma nel 1971. Apollo 18 e 19 vennero annullate, e i loro Saturn V sono oggi pezzi da museo in esposizione. Apollo 20 venne invece ripensata, e il suo razzo divenne la prima stazione spaziale americana: lo Skylab. La NASA si dedicò quindi allo sviluppo dello Space Shuttle e a proseguire l’esplorazione robotica del Sistema Solare.

Oggi, a 50 anni di distanza, la Luna è di nuovo all’orizzonte. Perché la NASA ha intrapreso un nuovo programma lunare, successore di Apollo: Artemis. Nuovi razzi, nuove capsule, nuove tecnologie, sviluppate in quasi 60 anni di esplorazione spaziale e permanenza in orbita bassa terrestre. Ci siamo dentro anche noi, tramite l’ESA e i suoi accordi di collaborazione con NASA, JAXA e CSA. Stavolta l’obiettivo non è solo andare sulla Luna, ma anche rimanerci, costruendo una piccola stazione spaziale cislunare (il Gateway) e un laboratorio sulla sua superficie. La prima missione, Artemis I, partirà sul finire dell’estate, e dimostrerà il funzionamento della capsula Orion e del razzo SLS.

Artemis I. Crediti: NASA

Nel 2024 sarà la volta di Artemis II, con un sorvolo con equipaggio della Luna. E infine nel 2025 Artemis III, che allunerà sulla superficie. E poi chi lo sa, siamo all’alba di una nuova corsa allo spazio, che vede coinvolti gli USA e le potenze orientali di Cina e India. Forse vedremo persino due allunaggi contemporaneamente!

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