La Terra vista alle ore 6:00 del 22 dicembre da un satellite EUMETSAT.

La Terra vista alle ore 6:00 del 22 dicembre da un satellite EUMETSAT. L’emisfero meridionale sta ricevendo molta più luce di quello settentrionale, con il Sole a perpendicolo sul Tropico del Capricorno. Crediti: EUMETSAT

Solstizio d’Inverno

La notte più lunga: bentornato inverno!

I cicli di Sole, stelle e pianeti continuano a susseguirsi, e siamo infine giunti all’ultimo momento astronomicamente importante dell’anno: il Solstizio d’Inverno. Alle 4:27 di stamattina (ndr 22 dicembre 2023), infatti, i raggi del Sole erano perfettamente perpendicolari sul Tropico del Capricorno, la definizione appunto di solstizio meridionale (d’inverno per noi europei, d’estate per gli australiani). In quel momento il Sole ha raggiunto il suo punto più meridionale nella volta celeste, favorendo i nostri cugini down under, e ha poi ricominciato a risalire verso nord. Fra tre mesi, il giorno dell’equinozio, tornerà a nord dell’equatore celeste, dando così inizio alla primavera.

I propositi dell’anno nuovo

Schema che mostra la Terra nel momento del solstizio d’inverno. I raggi del Sole sono perpendicolari al Tropico del Capricorno e radenti al Circolo polare Artico. I due emisferi sono illuminati asimmetricamente.
Crediti: Lorenzo Colombo

Un ciclo che ovviamente non è sfuggito ai nostri antenati, provetti astronomi da migliaia di anni. Da quando esiste la capacità di tenere traccia del tempo e del ciclo delle stagioni esiste anche la necessità di individuare il “primo giorno dell’anno”, un punto di partenza che permetta di contare il passaggio degli anni. Le scelte in tal senso sono state, nel corso della storia umana, tanto variegate quanto numerose le culture esistite su questo pianeta.

Una prima scelta naturale, ed estremamente diffusa nella storia, è stata proprio quella del solstizio d’inverno. La notte più lunga dell’anno, il giorno dopo il quale le ore diurne smettono di accorciarsi e ricominciano a crescere, verso la primavera. Molte tradizioni antiche ponevano la data di nascita di una divinità molto importante proprio in corrispondenza del solstizio d’inverno, e non è un caso che persino la religione cristiana abbia ereditato questa scelta. Horus, Mitra, Ercole, Zarathustra, e Cristo sono solo alcuni dei tanti a essere nati il 25 dicembre, il giorno in cui tradizionalmente cadeva proprio il solstizio (perché non il 21? E perché quest’anno è il 22? Per rispondere a questa domanda hai bisogno di leggere il nostro articolo uscito per l’equinozio d’autunno!

Un’altra ottima scelta, impiegata diffusamente dai nostri antenati, è invece quella dell’equinozio di primavera, cioè quando le ore diurne cominciano a essere predominanti su quelle notturne. È il caso dell’Antica Roma, dove la data di inizio dell’anno era stata posta alle idi di marzo (il 15 del mese), perché in tale giorno prendevano servizio i nuovi consoli. Nell’antico calendario lunare romano questa data coincideva in effetti con il primo plenilunio di primavera, a indicare la rinascita. Questo era anche il mese in cui si avviavano le campagne militari dopo la pausa invernale, e per questo fu dedicato al dio della guerra, Marte: da cui marzo. Non stupisce quindi che il decimo mese fosse chiamato dicembre, visto che il primo era marzo.

Quando la politica chiama

Lo spostamento avvenne per un motivo molto terreno e poco astronomico: era il 153 a.C. e in Celtiberia era in corso una rivolta che richiedeva l’attenzione immediata del nuovo console, Quinto Fulvio Nobiliore. La sua nomina fu quindi anticipata dal 15 marzo al 1° gennaio, con un decreto del Senato che modificava la data d’inizio dell’anno. E da allora per molti secoli rimase tale! Gennaio non era comunque un mese a caso, perché Janus era la divinità bifronte patrona degli inizi e del rinnovamento, con una faccia che guardava al passato e una al futuro.

Nel Medioevo europeo le cose presero a farsi più confuse, perché ogni comunità iniziò a seguire una regola sua, in contrapposizione specialmente con i propri nemici religiosi e/o politici. In alcuni Stati l’inizio dell’anno tornò a cadere il giorno dell’equinozio di primavera, in altri coincideva direttamente con la Pasqua, mentre in altri ancora si scelse il il 25 marzo, giorno dell’Incarnazione. A Venezia si arrotondava al 1° marzo, in Francia lo si metteva direttamente a Natale, mentre l’Impero Bizantino cambiava l’anno il 1° settembre. Il processo in epoca moderna però si invertì, e molto gradualmente quasi tutte le nazioni del mondo finirono per concordare sul 1° gennaio come data per il cambio d’anno. Tra gli ultimi ad allinearsi ci furono il Regno Unito (nel 1752) e la Russia (solo dopo la Rivoluzione del 1917).

Nel mondo ci sono ancora molte celebrazioni di capodanno legate alla Luna: così come i cristiani hanno legato la celebrazione della Pasqua al primo plenilunio di primavera, così alcune culture asiatiche hanno legato il loro capodanno al primo plenilunio di inverno, e quindi finiscono per celebrare il cambio d’anno tra la fine di gennaio e la fine di febbraio, nel cosiddetto capodanno cinese. Nel caso del calendario islamico, puramente lunare, la data del capodanno è totalmente slegata dal calendario solare, e quindi può cadere in ogni momento dell’anno.

Salta fuori quindi che quello che si celebra ormai in tutto il mondo il 1° gennaio, il cosiddetto capodanno civile internazionale, è in fin dei conti una festività astronomica. Cade una decina di giorni dopo il solstizio, che sia invernale o estivo dove abitate, ed è legato indissolubilmente alla celebrazione di un momento di passaggio e trasformazione.

La notte più lunga, ma non troppo

Schemino che mostra la posizione della Terra e del suo asse relativamente ai raggi solari nel corso dell’anno.
Crediti: Infini.to – Lorenzo Colombo

La caratteristica del solstizio d’inverno, per noi europei, è che fa un sacco buio. Quest’effetto è generato dall’inclinazione dell’asse di rotazione del nostro pianeta, pari a circa 23,5°. Siccome la direzione verso cui punta l’asse è sempre la stessa (semplificando e ignorando i moti millenari del nostro pianeta), allora in posizioni diverse dell’orbita la Terra intercetta i raggi solari con un’inclinazione diversa. L’unico luogo in cui non cambia mai nulla è – come dice il nome stesso – l’equatore: lungo tale linea le ore notturne e le ore diurne sono sempre esattamente 12, perché l’equatore divide la Terra esattamente in due parti uguali, i due emisferi.

Qui da noi, a 45° nord, l’effetto è ben diverso: l’inclinazione dell’asse terrestre fa sì che il giorno del solstizio d’estate il Sole raggiunga ben 68,5° sopra l’orizzonte (l’inclinazione si somma al reciproco della latitudine) e rimanga sopra di esso per ben 15h37m. Al contrario, il giorno del solstizio d’inverno, l’altezza raggiunta dal Sole è di appena di 21,5° (l’inclinazione si sottrae al reciproco della latitudine), corrispondente a una durata delle ore di luce di appena 8h45m. L’arrivo dei raggi solari con un angolo così radente, e la breve durata del dì, deposita molta meno energia per unità di area, portando il clima a raffreddarsi e quindi alla stagione invernale

Tuttavia la durata della notte più lunga sta cambiando, seppur molto lentamente. Questo perché i moti millenari dell’orbita terrestre, per quanto piccoli siano nella nostra esperienza quotidiana, non possono essere ignorati quando si parla di astronomia per secoli, o millenni, nel futuro! In particolare, l’asse di rotazione terrestre non è poi così fisso. Attualmente è inclinato di circa 23,5° sull’orbita, ma nel corso di circa 40.000 anni questa inclinazione oscilla, rimanendo tra un massimo di circa 24,2° e un minimo di circa 22,6°. Al momento l’inclinazione si sta riducendo, e questo sta “allungando” la durata delle ore di luce il giorno del solstizio d’inverno. Quanto? Di pochi secondi ogni secolo: a New York (simile a Napoli come latitudine) la durata del dì più corto passerà dalle 9h 15m 16s del 2005 alle 9h 15m 25s del 2090, “ben” nove secondi in più.

I cicli climatici del nostro pianeta sono stati collegati a quelli astronomici dall’astronomo serbo Milutin Milanković Crediti: Robert A. Rohde – Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported*

Questo non è l’unico moto millenario che coinvolge il nostro pianeta. Un altro movimento importante è il moto doppio conico dell’asse, meglio noto come precessione degli equinozi. In pratica l’asse terrestre non punta sempre verso la Stella Polare (come fa oggi) ma descrive in circa 26.000 anni un grande cerchio. Un po’ come una trottola che sta per cadere. Questo causa lo spostamento del punto d’equinozio lungo l’orbita terrestre, rendendo il tempo che scorre tra due equinozi (l’anno tropico) diverso dal tempo che la Terra impiega effettivamente a fare un giro intorno al Sole (l’anno siderale). Il nostro calendario, chiamato gregoriano è escogitato proprio per rimanere allineato con l’anno tropico, e mantenere l’equinozio di primavera tra il 20 e il 21 marzo.

Infine, anche l’eccentricità dell’orbita del nostro pianeta cambia: l’orbita passa dall’essere quasi un cerchio perfetto ad assumere una forma un pelo più schiacciata, nel corso di un ciclo che dura circa 110.000 anni. Gli effetti prodotti dal cambio di inclinazione e di eccentricità sono piccolissimi, ma misurabili, e sulla scala temporale delle migliaia di anni finiscono per essere responsabili dei grandi cicli climatici del nostro pianeta. Almeno, di quelli naturali, perché le attività antropiche hanno ormai completamente sovrascritto questa antica alternanza.

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