Buon compleanno, Hubble Space Telescope!

Il telescopio spaziale più famoso della storia compie ben 32 anni! Era infatti il 24 aprile del 1990 quando lo Space Shuttle Discovery partì dal pad 39 di Cape Canaveral, con a bordo il suo preziosissimo carico.

Lo Hubble Space Telescope è un telescopio in orbita attorno alla Terra, a circa 600 km di quota. Da lassù le osservazioni scientifiche sono molto più facili: nessun inquinamento luminoso, e soprattutto nessuna turbolenza atmosferica a sfocare le immagini. Questo potentissimo occhio sull’Universo è costituito da uno specchio principale dal diametro di 2,4 metri e da un’importante suite di ben quattro strumenti scientifici, in grado di analizzare e studiare in grande dettaglio la luce in arrivo dagli angoli più remoti dell’Universo.

La sua è un’avventura incredibilmente ricca di scoperte e avvenimenti. Hubble è stato lo strumento principale di indagine dell’Universo per un’intera generazione di astronomi. E ancora oggi riveste un ruolo fondamentale nella ricerca. Dal momento del suo lancio, Hubble ha effettuato oltre un milione e mezzo di osservazioni, puntando oltre 50.000 oggetti celesti e compiendo circa 180.000 orbite attorno al nostro pianeta. E non ha creato solo scienza: moltissime delle più belle immagini del cosmo a nostra disposizione, come quelle di questo articolo e che potete trovare anche all’interno del nostro Museo, sono state realizzate da Hubble.

La storia di Hubble è iniziata male, anzi malissimo. Quando il telescopio aprì per la prima volta i propri occhi elettronici, infatti, gli astronomi inorridirono. Le immagini prodotte erano terribilmente sfocate, e di qualità molto inferiore alle attese. Un’attenta analisi dei dati rivelò che il problema era nello specchio principale del telescopio: era stato sì molato con un’altissima precisione, ma con una forma sbagliata. I bordi dello specchio erano troppo piatti di circa 2200 nanometri (miliardesimi di metro), pari a 1/30 dello spessore di un capello umano! Ciò introdusse un’importante aberrazione sferica, un errore piccolissimo ma catastrofico per la qualità delle immagini, causato da pura e semplice negligenza nel controllo qualità. Forse il fatto che il telescopio fosse in ritardo sui tempi previsti e che avesse sforato il budget preventivato contribuì all’accaduto.

Tre immagini della stessa galassia, M100, per tre generazioni di fotocamere di Hubble. La differenza generata dall’installazione dell’ottica correttiva è impressionante - Crediti immagine: Wendy L. Freedman, Observatories of the Carnegie Institution of Washington and NASA

Il problema rischiava di compromettere l’intera missione. La Kodak aveva uno specchio di riserva, ma era impossibile sostituirlo nello spazio con una missione Shuttle di manutenzione, e riportare il telescopio a Terra per poi rilanciarlo dopo le riparazioni era economicamente impossibile. E fu così per i primi anni della sua missione Hubble fu un telescopio un po’ miope. Per poter utilizzare lo stesso i dati gli astronomi realizzarono nuovi programmi di elaborazione immagini, in grado di mitigare il problema.

Poi, finalmente, si trovò una soluzione. Siccome il problema era perfettamente noto era sufficiente installare una lente che generasse un effetto esattamente uguale e contrario a quello prodotto dalla curvatura errata dello specchio. In pratica, un paio di occhiali. Fu così che nel dicembre 1993 la prima missione di manutenzione al telescopio spaziale, operata dallo Shuttle Endeavour, installò COSTAR, l’ottica correttiva.

Il telescopio poteva così funzionare al massimo delle sue potenzialità, e così fa da allora. Nel frattempo gli algoritmi migliorativi hanno trovato un nuovo impiego: nella medicina, e in particolare nello screening mammografico. La loro applicazione permette di individuare microcalcificazioni tumorali molto prima che siano visibili a occhio in una normale mammografia.

Hubble è stato visitato da altre quattro missioni di manutenzione, che hanno progressivamente riparato vari pezzi usurati (come i giroscopi per il puntamento) e sostituito gli strumenti con versioni più moderne, fino a rendere COSTAR inutile (che è stata rimossa e ora si trova in un museo). Dal 2009 Hubble continua imperturbabile nel suo lavoro, seppur con qualche acciacco. Con il pensionamento dello Space Shuttle nel 2011 è venuta meno la nostra capacità di raggiungere e riparare il telescopio, che si avvia quindi ora alla fine della sua missione.

Il successore di Hubble è infatti già operativo: è il James Webb Space Telescope, lanciato lo scorso 25 Dicembre e ora in fase di calibrazione a 1,5 milioni di km dalla Terra. Il JWST non sostituirà interamente Hubble, perché al contrario di quest’ultimo Webb è specializzato nell’osservazione della luce infrarossa. L’eredità nella luce visibile verrà raccolta da nuovi telescopi terrestri di nuovissima generazione, dotati di tecnologie in grado di rimuovere il disturbo dell’atmosfera e quindi in grado di svolgere osservazioni di qualità comparabile se non superiore. Sono il titanico Extremely Large Telescope (E-ELT, 39 metri di diametro, in costruzione in Cile) e il Thirty Meter Telescope (TMT, 30 metri di diametro, in fase di progetto e dal sito di costruzione ancora dibattuto).

Di tutte le milioni di immagini scattate da questo telescopio spaziale, per un totale di oltre 170 Terabyte di dati, quella più emblematica e impressionante è senza dubbio questa. Lo Hubble Ultra-Deep Field, o campo ultra profondo.

Per realizzarla, Hubble è stato puntato verso un’area di cielo apparentemente vuota nella costellazione della Fornace, e poi si è iniziato a osservare. In totale sono stati realizzati 800 scatti, per un tempo totale di osservazione di oltre 1 milione di secondi (11,3 giorni). Il risultato fa girare la testa: davanti a Hubble sono comparse oltre 10.000 galassie, in un’area ampia un decimo della Luna piena e 26 milioni di volte più piccola della volta celeste. Per osservare l’intero cielo con una tale profondità Hubble dovrebbe lavorare per un milione di anni.

Molte di quelle galassie sono tra gli oggetti più antichi a noi noti, città stellari formatesi agli albori stessi dell’Universo, quando il tempo aveva iniziato a scorrere solo da poche centinaia di milioni di anni.

Un viaggio nello spazio quanto nel tempo, reso possibile dalla più meravigliosa delle macchine costruite dall’uomo.

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