La regione di formazione stellare NGC 1333 è il soggetto immortalato quest’anno per il compleanno del telescopio spaziale più longevo di sempre!

Buon compleanno, Hubble Space Telescope!

Anche quest’anno è arrivato il momento di festeggiare il compleanno del telescopio spaziale più importante della storia, perché lo Hubble Space Telescope spegne ben 33 candeline! Era infatti il 24 aprile del 1990 quando lo Space Shuttle Discovery partì dal pad 39B di Cape Canaveral, con a bordo il suo preziosissimo carico.

Fotografia del lancio del telescopio Hubble, il 24 aprile 1990.

La missione era estremamente ambiziosa: mettere in orbita un telescopio spaziale con uno specchio di 2,4 metri e una suite di quattro strumenti scientifici, in grado di analizzare e studiare in grande dettaglio la luce in arrivo dagli angoli più remoti dell’universo. Trentatré anni più tardi Hubble continua a scrutare l’universo da circa 540 km di quota. Un’altezza che gli permette di starsene ben al di fuori della nostra fastidiosa atmosfera! Da lassù le osservazioni scientifiche sono infatti molto più facili: nessun inquinamento luminoso, e nessuna turbolenza atmosferica a sfocare le immagini.

L’avventura di Hubble è incredibilmente ricca di scoperte e avvenimenti, perché è stato il principale strumento d’indagine dell’universo per un’intera generazione di astronomi. E ancora oggi riveste un ruolo fondamentale nella ricerca. Dal momento del suo lancio Hubble ha compiuto 1,6 milioni di osservazioni, puntando oltre 52.000 oggetti celesti e compiendo circa 180.000 orbite attorno al nostro pianeta. E non ha creato solo scienza: moltissime delle più belle immagini del cosmo a nostra disposizione, come quelle di questo articolo e che potete trovare anche all’interno del nostro Museo, sono state realizzate da Hubble.

Hubble viene estratto dalla baia di carico del Discovery e dispiegato nello spazio.

Quest’anno l’immagine realizzata per l’occasione ci porta in una regione di formazione stellare, nota come NGC 1333. Si trova a quasi 1000 anni luce di distanza, nella costellazione del Perseo, ed è una zona molto irrequieta! A sinistra abbiamo una stella gigante azzurra, giovane e caldissima. Il suo vento stellare sta scolpendo grandi bolle vuote nella nebulosa, all’interno della quale ci sono ancora stelle nascenti, come quella dal colore ambrato al centro dell’immagine, ancora avvolta dagli stracci della sua formazione. Più a destra ancora l’immagine diventa nera, priva di stelle. Si tratta della nebulosa vera e propria, ricca di polveri e gas opachi. L’oscurità però è squarciata da un grande gruppo di stelle in formazione, che brillano con il colore rosa dell’idrogeno ionizzato. Una regione caotica e violenta, dalla quale stanno nascendo in questo momento centinaia di stelle e di pianeti come il nostro sistema solare.

Chi ben comincia…

La storia di Hubble è iniziata male, anzi malissimo. Quando il telescopio realizzò le sue prime osservazioni, infatti, gli astronomi inorridirono. Davanti ai loro occhi c’erano delle immagini spaventosamente sfocate, di qualità molto inferiore alle promesse. Non ci volle molto per capire che il problema era localizzato nello specchio principale del telescopio. O meglio, era l’intero specchio!

Questo disco monolitico da quasi due metri e mezzo era infatti di forma sbagliata. Era uno degli specchi più precisi mai realizzati (con una tolleranza di 10 miliardesimi di metro), ma semplicemente la curvatura realizzata era erronea. I bordi dello specchio erano infatti troppo piatti di circa 2,2 micrometri (milionesimi di metro), pari a 1/30 dello spessore di un capello umano! Ciò introdusse una cosiddetta “aberrazione sferica”, un errore dagli effetti catastrofici per la qualità delle immagini che risultarono 10 volte più sfocate delle attese. La NASA lanciò un’indagine per appurare la cause del disastro, e saltò fuori che si trattava di pura e semplice negligenza nel controllo qualità. In fase di molatura era stata montata incorrettamente la lente per guidare il processo, che quindi ha creato uno specchio perfetto ma diverso da quello effettivamente necessario. I check di qualità successivi avevano visto l’aberrazione sferica, ma erano stati ignorati ritenendo che lo strumento per la molatura facesse fede e fosse più preciso. Forse il fatto che il telescopio fosse in ritardo sui tempi previsti e che avesse sforato il budget preventivato contribuì all’accaduto.

Tre immagini della stessa galassia, M100, realizzate da tre generazioni di fotocamere di Hubble. La differenza generata dall’installazione dell’ottica correttiva, tra la prima e la seconda immagine, è impressionante. Crediti: Wendy L. Freedman, Observatories of the Carnegie Institution of Washington and NASA

Il problema rischiava di compromettere l’intera missione. C’era uno specchio di riserva, ma era impossibile sostituirlo nello spazio con una missione Shuttle di manutenzione. Riportare il telescopio a Terra per poi rilanciarlo dopo le riparazioni era invece economicamente improponibile. E fu così per i primi anni della sua missione Hubble fu un telescopio un po’ miope. Per poter utilizzare i dati nonostante tutto, gli astronomi realizzarono nuovi programmi di elaborazione immagini, in grado di mitigare il problema.

Poi, finalmente, si trovò una soluzione. Il problema era perfettamente noto, e quindi era sufficiente installare una lente che generasse un effetto esattamente uguale e contrario a quello prodotto dalla curvatura errata dello specchio. In pratica, degli occhiali. Fu così che nel dicembre 1993 la prima missione di manutenzione al telescopio spaziale, operata dallo Space Shuttle Endeavour, installò l’ottica correttiva, COSTAR.

Il telescopio poteva così, finalmente, funzionare al massimo delle sue potenzialità. Nel frattempo gli algoritmi migliorativi hanno trovato un nuovo impiego: nella medicina, e in particolare nello screening mammografico. La loro applicazione permette di individuare microcalcificazioni tumorali molto prima che siano visibili a occhio in una normale mammografia.

… è a metà dell’opera!

Negli anni successivi Hubble venne visitato da altre quattro missioni di manutenzione, che hanno progressivamente riparato e cambiato vari pezzi usurati (come i giroscopi per il puntamento) e sostituito gli strumenti con versioni più moderne pensate per operare con lo specchio aberrato. Nel 2009 venne infine rimossa COSTAR, ormai inutile e attualmente esposta in un museo. Da allora Hubble continua imperturbabile nel suo lavoro, anche se comincia a mostrare qualche acciacco. Purtroppo nel 2011 è venuta meno la nostra capacità di raggiungere e riparare il telescopio, a causa del pensionamento dello Space Shuttle, e quindi Hubble si avvia quindi un po’ per volta verso la fine della sua missione.

Il sito di costruzione del gargantuesco E-ELT, sul Cerro Armazones in Cile. *

Hubble non avrà un vero e proprio successore. Le sue capacità sono ormai replicabili dalla superficie terrestre, usando telescopi molto avanzati in grado di correggere in tempo reale i difetti introdotti dalla turbolenza atmosferica (una tecnologia detta “ottica adattiva”), anche se al prezzo di non poter osservare continuativamente e di dover cercare posti molto remoti e immersi nel buio, come i deserti. È il caso del titanico European Extremely Large Telescope (E-ELT), un leviatano da 39 metri di diametro in costruzione in Cile, a cui si aggiungerà il Thirty Meter Telescope (TMT, 30 metri di diametro), in fase di progetto e previsto in cima al Mauna Kea, alle Hawaii.

Il JWST è quasi tre volte più grande di Hubble e 100 volte più potente, oltre a osservare luce infrarossa totalmente invisibile a quest’ultimo.

Ma non tutto può essere fatto dalla superficie terrestre, ed ecco quindi che è stato costruito uno strumento complementare ad Hubble, che molti caratterizzano come suo successore: si tratta del James Webb Space Telescope, lanciato in orbita il 25 Dicembre 2021. Il JWST non sostituirà interamente Hubble, perché al contrario di quest’ultimo Webb è specializzato nell’osservazione della luce infrarossa. È 100 volte più potente, con uno specchio composto dal diametro di 6,5 metri, e in un anno e mezzo di osservazioni ha già fornito risultati spettacolari che non faranno che migliorare negli anni a venire.

Di tutte le milioni di immagini scattate dal Telescopio Spaziale Hubble, per un totale di oltre 170 Terabyte di dati, quella più emblematica e impressionante è senza dubbio questa. Lo Hubble Ultra-Deep Field, o campo ultra profondo.

Migliaia di galassie in una capocchia di spillo, all’alba dei tempi. Questa è la potenza di Hubble!

Per realizzarla, Hubble è stato puntato verso un’area di cielo apparentemente vuota nella costellazione della Fornace, e poi si è iniziato a osservare. In totale sono stati realizzati 800 scatti, per un tempo totale di osservazione di oltre 1 milione di secondi (11,3 giorni). Il risultato fa girare la testa: davanti a Hubble sono comparse oltre 10.000 galassie, in un’area ampia un decimo della Luna piena e 26 milioni di volte più piccola della volta celeste. Per osservare l’intero cielo con una tale profondità Hubble dovrebbe lavorare per un milione di anni!

Molte di quelle galassie sono tra gli oggetti più antichi a noi noti, città stellari formatesi agli albori stessi dell’universo, quando il tempo aveva iniziato a scorrere solo da poche centinaia di milioni di anni. Un viaggio nello spazio quanto nel tempo, reso possibile dalla più meravigliosa delle macchine costruite dall’uomo.

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